Sinus Pericranii

DEFINIZIONE

Il Sinus Pericranii (SP) è una rara malformazione vascolare a basso flusso, descritta per la prima volta da Stromeyer nel 1850, che è caratterizzata dalla presenza di un’anomala comunicazione diretta tra i seni venosi durali endocranici e il circolo venoso epicranico mediante vene comunicanti transossee che attraversano soluzioni di continuo della diploe.

ANATOMIA PATOLOGICA

Il tipico quadro anatomo-patologico consiste nella presenza in sede epicranica sottocutanea di collettori venosi displasici a parete molto sottile, notevolmente ectasici. La parete venosa è costituita da un endotelio monostratificato ed è priva di una tunica muscolare. I laghi venosi displasici sono tenacemente aderenti al periostio e in uno o più punti attraversano la diploe creando una comunicazione diretta tra il circolo venoso epicranico e un seno venoso endocranico. Alcuni Autori distinguono forme a localizzazione sottoperiostale e sopraperiostale.
Il flusso sanguigno nelle vene comunicanti è bidirezionale, potendo defluire dall’interno all’esterno della scatola cranica o viceversa a seconda della pressione endocranica.
I dati della letteratura indicano una frequente associazione tra il Sinus Pericranii e varie anomalie congenite del circolo venoso encefalico. In alcuni casi è stata peraltro segnalata l’associazione con malformazioni venose extra-tronculari del massiccio facciale.

ETIO-PATOGENESI

L’etiologia del Sinus Pericranii è tuttora sconosciuta. Si tratta probabilmente di una patologia congenita, anche se è stata ipotizzata un’origine acquisita su base post-traumatica o degenerativa.
Una teoria patogenetica ipotizza che la formazione del Sinus Pericranii sia da ricondurre a una meiopragia congenita della parete di alcune vene diploiche che subirebbero una progressiva dilatazione, favorita da eventi fisiopatologici che aumentano la pressione endocranica come tosse e vomito.
E’ stata anche ipotizzata una correlazione con anomalie del processo di ossificazione del cranio che determinerebbero una chiusura incompleta delle suture in corrispondenza dei seni venosi durali.
Un’altra teoria sostiene che il Sinus Pericranii potrebbe essere causato da una condizione persistente di ipertensione endocranica fetale secondaria all’atresia o all’occlusione di uno o più seni venosi encefalici o durali.
E’ significativa la frequente associazione del Sinus Pericranii con la craniosinostosi, in cui una prematura fusione delle suture craniche induce verosimilmente un aumento della pressione endocranica e una deviazione del flusso venoso encefalico verso il distretto extracranico, condizione definita “squeezed-out sinus syndrome”.
Il Sinus Pericranii non è una patologia ereditaria e si presenta usualmente in forma sporadica. Nella maggior parte dei casi si tratta di un’anomalia vascolare isolata ma non è infrequente l’associazione con malformazioni venose o linfangiomi maxillo-facciali, ipoplasie o aneurismi congeniti delle vene encefaliche, sindrome di Bean e sindrome di von Hippel-Lindau.

CLASSIFICAZIONE

Sono state proposte varie classificazioni basate sulle caratteristiche anatomiche delle vene comunicanti transossee: si distinguono forme con vene comunicanti di piccolo, medio e grosso calibro sulla base del loro diametro, oppure forme con comunicazioni singole o multiple in relazione al numero dei vasi anomali che attraversano la diploe.
Le classificazioni più interessanti, per le importanti ripercussioni sulla strategia terapeutica, sono quelle basate sulle caratteristiche emodinamiche del Sinus Pericranii.
Una delle più datate, proposta da Volkmann, distingueva due tipologie di Sinus Pericranii: il “sinus vero”, che si dilata quando aumenta la pressione endocranica e collassa completamente se viene compresso, e il cosiddetto “pseudo-sinus”, caratterizzato da una regressione incompleta alla compressione. Si tratterebbe nel primo caso di un’anomalia di drenaggio venoso intra-extracranico e nel secondo caso di una malformazione venosa epicranica.
In seguito è stata proposta un’altra classificazione emodinamica che differenzia forme “chiuse” e forme “aperte” di Sinus Pericranii. Nel primo tipo i vasi displasici epicranici presentano esclusivamente una comunicazione transossea coi seni venosi durali intracranici, sia in direzione centrifuga che in direzione centripeta. Nel secondo tipo, che si associa con maggiore frequenza a malformazioni venose superficiali, si rileva invece un duplice drenaggio sia intracranico che extracranico.
Più recentemente è stata proposta da Gandolfo una classificazione che distingue, sulla base di rilievi angiografici, forme “dominanti” e forme “accessorie”. Secondo tale classificazione il Sinus Pericranii è definito dominante se provvede al drenaggio della quota principale del sangue refluo dall’encefalo, accessorio se drena una quota minima di sangue. Il primo tipo rappresenterebbe una sorta di circolo collaterale vicariante, sviluppatosi per compensare anomalie dei principali collettori venosi endocranici.

QUADRO CLINICO

Il Sinus Pericranii si manifesta usualmente durante l’età pediatrica ma talora può anche presentarsi in età adulta, verosimilmente per una graduale dilatazione delle vene displasiche.
La localizzazione più frequente è in sede paramediana, sulla linea di proiezione del seno venoso sagittale superiore. Nella maggior parte dei casi si presenta in regione frontale, più raramente in sede parietale o occipitale. Eccezionalmente si può osservare anche in regione temporale, in corrispondenza del seno trasverso, o in altre sedi della parete cranica.
Il quadro clinico caratteristico è rappresentato da una tumefazione sottocutanea ben circoscritta, di forma rotondeggiante, di consistenza molle-elastica, tipicamente fluttuante, non pulsante, compressibile, non dolente alla palpazione. La cute sovrastante appare generalmente normocromica, in assenza di macule capillari, tuttavia presenta in alcuni casi un colorito bluastro. La palpazione profonda può rivelare una depressione dell’osso cranico nella parte centrale della tumefazione sottocutanea. Non sono apprezzabili fremiti o soffi.
Di solito la tumefazione non è molto evidente in posizione eretta ma si dilata notevolmente quando il capo viene abbassato al livello del cuore, sia in posizione prona che in posizione supina, in conseguenza dell’aumento di pressione endocranica prodotto dall’effetto gravitazionale. La distensione dei laghi venosi epicranici può essere indotta anche dalla manovra di Valsalva o dai colpi di tosse
Il Sinus Pericranii è spesso asintomatico, costituendo un problema puramente cosmetico per il paziente. Tuttavia sono descritti sintomi soggettivi di variabile intensità quali cefalea, nausea, vertigini, senso di tensione o dolore locale. In rari casi sono stati anche segnalati bradicardia, bradipnea, ipoacusia, atassia ed epilessia.
La storia naturale di questa patologia non è facilmente prevedibile. Nella maggior parte dei casi il quadro clinico permane stazionario anche per molti anni. Tuttavia è frequente osservare un’evoluzione lentamente ingravescente con progressivo aumento di dimensione dei laghi venosi displasici epicranici e peggioramento dei sintomi associati, con notevoli ripercussioni psicologiche e compromissione della qualità di vita del paziente. Peraltro sono stati riportati casi eccezionali di regressione spontanea.
Le complicanze del Sinus Pericranii sono alquanto rare ma potenzialmente gravi. In letteratura sono descritti casi di emorragia esterna e trombosi endoluminale dei vasi displasici epicranici, a insorgenza spontanea o più spesso post-traumatica. Vi sono anche segnalazioni di trombosi dei seni venosi endocranici, trombosi della vena oftalmica, emorragie encefaliche ed embolia gassosa.
Infine è stato occasionalmente descritto il progressivo sviluppo di un’iperplasia endoteliale reattiva con formazione di vegetazioni endoluminali a morfologia papillare che possono simulare un emangioendotelioma.

DIAGNOSI

La diagnosi differenziale include varie patologie che si manifestano con tumefazioni extra-craniche e possono simulare un Sinus Pericranii. Innanzitutto bisogna valutare l’ipotesi diagnostica di altre anomalie vascolari quali emangiomi o malformazioni artero-venose. E’ poi raccomandabile considerare ed escludere formazioni neoplastiche di varia natura quali iperostosi e osteomi, cisti ossee, istiocitosi, lipomi, fibrosarcomi e condrosarcomi nonchè metastasi ossee. Infine si devono prendere in considerazione anche i meningo-encefaloceli e i cefaloematomi.
I dati anamnestici e clinici possono dare un indirizzo diagnostico ma spesso è indispensabile eseguire indagini strumentali per raggiungere la diagnosi definitiva.
L’esame diagnostico di primo livello è l’ecocolordoppler. In presenza di un Sinus Pericranii, l’ecografia esclude formazioni solide e mostra laghi vascolari displasici sottocutanei compressibili con la sonda. La valutazione colordoppler evidenzia all’interno delle strutture vasali un flusso ematico evocato di tipo venoso a bassa velocità, senza segni di fistole artero-venose.
L’esame Rx del cranio è di scarsa utilità, pur potendo evidenziare segni indiretti come erosioni della diploe in corrispondenza del sinus.
Il secondo livello include gli esami diagnostici per immagini: risonanza magnetica (RM) e tomografia computerizzata (TC).
L’esame RM mostra nei tessuti molli epicranici strutture tubulari isointense nelle acquisizioni T1-pesate e iperintense nelle sequenze T2, con significativo aumento di intensità durante la fase venosa dopo iniezione di mezzo di contrasto. Le vene comunicanti transossee non sono facilmente evidenziabili con questa metodica.
L’esame TC è sempre raccomandabile nel sospetto di un Sinus Pericranii in quanto consente di studiare l’osso cranico con una definizione maggiore rispetto alla RM, individuando le lesioni di continuo della diploe attraversate dalle vene comunicanti. Tuttavia, anche se spesso è visibile un assottigliamento dell’osso in corrispondenza della tumefazione epicranica, non sempre i canali comunicanti sono chiaramente evidenti. Dopo iniezione di mezzo di contrasto iodato, nella fase venosa si possono facilmente visualizzare le vene displasiche epicraniche e talora anche lo shunt venoso transosseo.
L’arteriografia del circolo intracranico mediante cateterismo selettivo carotideo è fondamentale nella pianificazione operatoria per escludere anomalie del circolo venoso intracranico. Essa consente di classificare il Sinus Pericranii in una delle due categorie emodinamiche (dominante e accessorio) a seconda della quota di sangue encefalico drenata attraverso le vene comunicanti nella fase di ritorno venoso. E’ stato descritto un metodo di semplice applicazione per determinare in maniera più attendibile le caratteristiche emodinamiche del Sinus Pericranii: esso consiste nella rilevazione angiografica prima e dopo la temporanea occlusione del sinus mediante una compressione esterna.
La flebografia per puntura diretta può essere molto utile per la definizione diagnostica: l’iniezione del mezzo di contrasto iodato nei vasi displasici epicranici consente di evidenziare con chiarezza il drenaggio transosseo nel seno sagittale superiore o in altri seni venosi endocranici.
In ogni caso appare estremamente vantaggioso realizzare ricostruzioni tridimensionali delle immagini per migliorare la definizione angioarchitettonica e agevolare una corretta pianificazione terapeutica.

TRATTAMENTO

L’indicazione al trattamento invasivo del Sinus Pericranii viene generalmente posta per motivazioni estetiche o per i disturbi clinici associati alla distensione dei laghi venosi epicranici. Tuttavia è da considerare anche un’indicazione profilattica, finalizzata a scongiurare il rischio di potenziali complicanze quali emorragie, ulcerazioni, infezioni o embolie gassose post-traumatiche.
L’ablazione chirurgica è considerata da molti Autori il gold standard nel trattamento del Sinus Pericranii. L’intervento consiste nell’escissione dei laghi venosi displasici epicranici e nella legatura o elettrocoagulazione del collettore venoso transdiploico, eventualmente completate da una cranioplastica con occlusione del forame osseo sottostante.
La chirurgia è gravata da due rischi principali: l’emorragia e l’embolia gassosa. L’emorragia è favorita dalla notevole fragilità parietale dei vasi displasici e dalle tenaci aderenze che li ancorano al periostio. Sono stati descritti vari fattori di rischio emorragico: un calibro >6 cm dei laghi venosi epicranici o >3 mm del collettore transosseo, la presenza di collettori multipli, le forme a drenaggio dominante, l’associazione con altre malformazioni vascolari encefaliche. L’embolia gassosa può essere indotta dalla penetrazione dell’aria nei seni venosi durali a causa della bassa pressione endoluminale.
In alternativa alla chirurgia sono stati proposti trattamenti di occlusione per via endovascolare del Sinus Pericranii. L’intervento può essere eseguito mediante puntura diretta percutanea dei laghi venosi displasici epicranici oppure mediante cateterismo venoso retrogrado delle vene comunicanti, per via transgiugulare o transfemorale. Gli agenti scleroembolizzanti più diffusamente impiegati per l’occlusione delle vene diploiche comunicanti sono le spirali metalliche, le colle cianoacriliche e più recentemente l’etil-vinil-alcool (Onyx). Dopo la chiusura della comunicazione transossea, è possibile utilizzare l’etanolo per realizzare una sclerosi più efficace dei laghi venosi epicranici.
La scleroembolizzazione del Sinus Pericranii espone al rischio potenziale di trombosi dei seni venosi durali endocranici con complicanze ischemiche encefaliche. Sono anche descritte lesioni trofiche post-operatorie dei tessuti molli epicranici con ulcerazioni cutanee.

DISCUSSIONE

Il Sinus Pericranii è una malformazione congenita alquanto rara ma di osservazione sempre più frequente nei centri multidisciplinari che si occupano elettivamente di anomalie vascolari. Pertanto è auspicabile che lo specialista abbia una profonda conoscenza del Sinus Pericranii nei suoi peculiari aspetti anatomo-patologici ed emodinamici.
Questa patologia dovrebbe essere sempre considerata nella diagnosi differenziale delle tumefazioni dei tessuti molli epicranici, che include anomalie vascolari e patologie neoplastiche o malformative di varia natura. Alcune segnalazioni della letteratura suggeriscono l’opportunità di sospettare ed escludere la presenza di un Sinus Pericranii in tutte le malformazioni venose maxillo-facciali con interessamento dell’epicranio, prima di pianificare la strategia terapeutica.
Qualora sussista il sospetto clinico del Sinus Pericranii, il protocollo diagnostico dovrebbe includere, oltre all’ecocolordoppler e alla risonanza magnetica, anche la tomografia computerizzata con mezzo di contrasto che offre la migliore risoluzione d’immagine nello studio dell’osso cranico. Tuttavia sono segnalati casi di Sinus Pericranii in cui l’esame TC, nonostante l’elevata accuratezza diagnostica, non ha documentato con chiarezza le lesioni di continuo della diploe e i canali venosi transcranici.
Pertanto, in presenza di laghi venosi displasici epicranici, è lecito ritenere raccomandabile l’esecuzione di una flebografia per puntura diretta che consenta uno studio accurato e affidabile delle vie di drenaggio, rivelando eventuali comunicazioni anomale extra-intracraniche.
L’arteriografia del circolo intracranico con studio della fase venosa è da molti considerata imprescindibile per una corretta valutazione emodinamica del Sinus Pericranii, distinguendo le forme dominanti dalle forme accessorie. Tale classificazione ha importanti ripercussioni sulla strategia terapeutica. Infatti nelle forme dominanti, che drenano una quota elevata del sangue refluo encefalico, il Sinus Pericranii costituisce una via di drenaggio anomala ma indispensabile al deflusso venoso per cui la sua obliterazione è da considerarsi controindicata. Per le stesse ragioni un trattamento ablativo è ragionevolmente da evitare anche in presenza di anomalie associate dei seni venosi endocranici che determinano la cosiddetta “squeezed-out sinus syndrome”, di frequente osservazione nei pazienti con craniosinostosi. Secondo questa interpretazione, l’approccio chirurgico andrebbe riservato esclusivamente alle forme accessorie di Sinus Pericranii.
E’ opinione condivisa da alcuni Autori che un atteggiamento conservativo sia preferibile nella maggior parte dei pazienti con Sinus Pericranii, considerando la benignità della patologia e i rischi correlati ai trattamenti invasivi.
Altri ritengono corretto eseguire un’ablazione profilattica del Sinus Pericranii, allo scopo di prevenire le rare ma potenzialmente letali complicanze emorragiche o trombotiche.
Un atteggiamento aggressivo può essere giustificato per ragioni cosmetiche e psicologiche qualora si riscontri una significativa compromissione della vita di relazione del paziente. Altri fattori che possono orientare verso la scelta interventistica sono un’evoluzione ingravescente della malformazione o la presenza di una sintomatologia invalidante. A tal proposito alcuni enfatizzano l’importanza della cefalea quale segnale d’allarme che indica una condizione di ipertensione endocranica.
Qualora si ponga indicazione a un trattamento invasivo, sono possibili due opzioni terapeutiche di cui è necessario valutare attentamente vantaggi e rischi nel singolo caso clinico: la scleroembolizzazione e la chirurgia.
L’approccio endovascolare è indubbiamente il più diffuso e offre il vantaggio di una limitata invasività. I dati della letteratura scientifica indicano che la scleroembolizzazione è una procedura efficace e sicura, in grado di ottenere l’occlusione dei vasi displasici epicranici senza complicanze maggiori. La metodica che utilizza il cateterismo venoso retrogrado appare più affidabile rispetto all’accesso diretto percutaneo, in quanto consente un migliore controllo delle vie di drenaggio intracraniche durante l’iniezione dell’agente scleroembolizzante.
Tuttavia il potenziale rischio di una trombosi dei seni venosi endocranici con gravi complicanze ischemiche encefaliche dovrebbe indurre a un atteggiamento di estrema prudenza e a considerare sempre l’exeresi chirurgica in alternativa alla scleroembolizzazione. Verosimilmente l’utilizzo di materiali liquidi a più o meno rapida polimerizzazione può ridurre il rischio di una propagazione transossea dell’agente scleroembolizzante e di una trombosi post-operatoria dei seni venosi endocranici. In tal senso l’Onyx appare preferibile alle colle cianoacriliche in quanto la polimerizzazione più lenta consente un rilascio più graduale e controllato dell’agente.
Il trattamento chirurgico del Sinus Pericranii è indubbiamente più invasivo ma anche più radicale rispetto all’occlusione endovascolare. L’approccio chirurgico consente di minimizzare il rischio di trombosi venosa endocranica.
Ciononostante è opportuno considerare la morbilità peri-operatoria legata a potenziali emorragie o embolie gassose. In effetti la fragilità della parete vasale, nonché le tenaci aderenze che ancorano i vasi displasici al periostio epicranico, rendono spesso molto complicate le manovre di scollamento e di isolamento dei laghi venosi. La lacerazione accidentale dei vasi displasici può provocare emorragie molto copiose e l’emostasi può essere alquanto difficile. D’altra parte l’embolia gassosa è un’evenienza rara ma possibile e insidiosa, che può essere prevenuta mantenendo il capo del paziente in posizione declive rispetto al torace durante l’intervento.
Non vi sono in letteratura dati sufficienti a esprimere un giudizio comparativo sui risultati a lungo termine della scleroembolizzazione e della chirurgia del Sinus Pericranii: non esistono studi che valutino la persistenza nel tempo dell’occlusione endovascolare dei vasi comunicanti o dei vasi displasici epicranici così come non è noto il tasso di recidive a distanza di anni dall’ablazione chirurgica. Analogamente non disponiamo di dati certi in relazione all’incidenza di complicanze nelle due procedure.

CONCLUSIONI

Non esistono a tutt’oggi linee-guida accreditate sulla diagnosi e sul trattamento del Sinus Pericranii. La letteratura scientifica offre solamente indicazioni con livello di evidenza 3 o 4 e conseguentemente raccomandazioni di grado D, essendo basate su opinioni di esperti o sull’analisi di casistiche numericamente molto esigue.
Sarebbe auspicabile realizzare studi multicentrici per migliorare la conoscenza di questa patologia congenita, che oggi è ancora parziale. In attesa di maggiori evidenze scientifiche, è possibile fare alcune considerazioni conclusive:

  1. il Sinus Pericranii è una rara anomalia venosa, che è generalmente benigna ma espone al rischio di complicanze anche gravi.
  2. si tratta di una patologia eterogenea, che si può presentare in molteplici varianti anatomiche ed emodinamiche.
  3. la presenza del Sinus Pericranii dovrebbe essere sempre esclusa nelle malformazioni vascolari extracraniche a basso flusso.
  4. nel sospetto diagnostico di un Sinus Pericranii è consigliabile eseguire, oltre alla RM e alla TC, anche un’arteriografia del circolo intracranico e una flebografia per puntura diretta.
  5. la scelta di eseguire un trattamento invasivo, sia esso chirurgico o endovascolare, dovrebbe essere vagliata con estrema prudenza facendo un attento bilancio dei vantaggi e dei rischi dell’intervento.
  6. prima di procedere all’ablazione chirurgica o endovascolare di un Sinus Pericranii è necessario eseguire una valutazione angioarchitettonica ed emodinamica accurata e integrale del circolo intracranico ed extracranico.

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Scritto da Giuseppe Bianchini

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