La sindrome di PHACE (OMIM 606519) è una sindrome neurocutanea ampiamente studiata (1) e caratterizzata dall’associazione, nella sua forma più classica, di un esteso emangioma infantile segmentario del volto con possibili difetti cardiaci, oculari, sternali, difetti encefalici di tipo strutturale ed anomalie più o meno evidenti dei vasi arteriosi di grosso o medio calibro della regione cefalica (2). L’associazione di queste anomalie è la diretta conseguenza di un errore di sviluppo avvenuto durante le epoche precoci della morfogenesi a carico di particolari unità embriologiche e che, tanto più precocemente avviene, tanto più facilmente può coinvolgere gli organi ed i tessuti che derivano dalla stessa unità di appartenenza (3). Sebbene esistano ormai dei criteri diagnostici ben codificati a cui riferirsi per effettuare la diagnosi di sindrome di PHACE (4), ad oggi, si conosce molto poco sulla sua evoluzione naturale e sui suoi effetti a lungo termine.
Le anomalie vascolari arteriose del distretto cefalico costituiscono le manifestazioni extracutanee più frequenti. Queste ultime comprendono uno spettro di difetti congeniti di vario tipo: displasie, ipoplasie, origini o decorsi di vasi aberranti, assenze o agenesie, persistenza di arterie embrionarie, stenosi e occlusioni; accanto a queste alterazioni congenite, sono descritte delle alterazioni vascolari ad andamento ingravescente e carattere progressivo (5) che consistono in processi steno-occlusivi acquisiti. La distinzione tra vasculopatie congenite e queste forme progressive può risultare difficoltosa se il paziente non viene sottoposto sin dalle epoche più precoci ad un adeguato studio sequenziale per neuroimmagini. I fattori che predispongono ad un’ eventuale arteriopatia progressiva non sono ad oggi definiti con certezza.
La terapia dell’emangioma nei pazienti affetti da questa sindrome è stata ampiamente dibattuta negli ultimi anni, ed ancora si discute sulla possibilità che il propranololo possa indurre delle alterazioni emodinamiche su un’arteriopatia cerebrale silente inducendo possibili modificazioni della perfusione ed aumentando così il rischio di eventuali accidenti ischemici in questo gruppo di pazienti già a più alto rischio intrinseco di ischemia cerebrale. Sebbene l’incidenza stimata degli eventi ischemici cerebrali acuti nella popolazione pediatrica sia bassa, nei pazienti affetti da sindrome di PHACE è percentualmente più alta e la presenza di eventuali anomalie cerebrovascolari costituisce il fattore di rischio potenzialmente più importante (6). L’esatto meccanismo che determina la comparsa di eventi ischemici acuti cerebrali in questo gruppo di pazienti rimane ad oggi sconosciuto ed è probabilmente complesso. Verosimilmente risulta multifattoriale e correlato a diversi fattori che includono il tipo di anomalie vascolari presenti, la severità di eventuali stenosi vascolari, l’efficienza del circolo di Willis, il grado di sviluppo dei circoli collaterali e la coesistenza di difetti cardiaci ed anomalie dell’arco aortico potenzialmente responsabili di eventi tromboembolici. Nonostante alcuni studi sembrino dimostrare che la perfusione cerebrale non venga alterata dalla somministrazione del farmaco (7) ai dosaggi normalmente utilizzati, ad oggi non c’è un accordo univoco sulla posologia ottimale da somministrare e a seconda delle nazioni o più spesso delle singole istituzioni si adottano raccomandazioni differenti.
Indipendentemente dalle scelte terapeutiche, l’emangioma infantile, per quanto stigmate evidente e socialmente impattante della sindrome di PHACE, dopo una fase critica iniziale durante la quale problematiche estetiche e mediche si intrecciano, tende a scomparire spontaneamente, delegando il ruolo del dermatologo che inizialmente riveste una posizione centrale nella fase dell’inquadramento diagnostico e dell’approccio terapeutico alle manifestazioni cutanee, ad una figura sempre più marginale nella gestione di questi pazienti.
Essendo una sindrome rara, l’approccio iniziale facilmente risulta congiunto e multidisciplinare, soprattutto nel momento dell’ inquadramento diagnostico. Quando però, dopo il primo anno di vita, la fase critica è considerata terminata e l’emangioma va in involuzione questi pazienti diventano spesso orfani di figure mediche di riferimento e la qualità del loro percorso assistenziale si riduce notevolmente, sia per ragioni pratiche legate a problematiche burocratiche amministrative, sia perché la scomparsa dell’ emangioma da l’impressione ingannevole di una guarigione completa di un quadro che invece rimane pur sempre una sindrome complessa, anche se privata della sua caratteristica peculiare che è l’emangioma.
E’ in questa fase che insorgono spesso le difficoltà nella gestione di questi pazienti, perché si perde di vista il fatto che ci si trovi di fronte ad una sindrome che va considerata nel suo complesso. Man mano che il bambino cresce la PHACE viene affrontata come se ogni singola problematica che la contraddistingue sia indipendente dalle altre e si perde di vista la complessità del quadro clinico nella sua globalità. Questo è il momento in cui i pazienti a cui spesso non siamo in grado di fornire delle risposte certe sui possibili rischi a cui saranno esposti durante la loro vita futura iniziano a sentirsi abbandonati a se stessi; perché, se è vero che la fase dell’inquadramento diagnostico è oramai ben consolidata, è anche vero che le informazioni relative al follow-up a cui questi pazienti devono essere sottoposti nel tempo sono assai carenti ed affidate all’iniziativa dei singoli.
Probabilmente come addetti ai lavori varrebbe la pena di riflettere su ciò che può essere ancora fatto, ponendosi collettivamente alcune domande per trovare delle soluzioni condivise.
Per quanto riguarda la vasculopatia certebrale progressiva alcuni autori sostengono che corrisponda temporalmente alla fase proliferativa dell’emangioma (8). Se così fosse, si potrebbe escludere con ragionevole tranquillità l’insorgenza di possibili ischemie cerebrali quando l’emangioma è ormai giunto ad involuzione. Questa affermazione concorderebbe con fatto che questi eventi si verificano con maggior frequenza entro il primo anno di vita. Altri autori però riportano, sebbene in percentuali ridotte, casi di ischemie cerebrali acute anche in bambini più grandi ed in adulti, avanzando l’ipotesi che il rischio di eventi ischemici si protragga nel tempo.
- Siamo in grado di stimare i rischi di eventuali eventi ischemici cerebrali nei pazienti sopra l’anno di età in base alle anomalie vascolari presenti per poi pianificarne il follow-up?
- Che caratteristiche devono avere i pazienti da sottoporre ai controlli più stretti? e soprattutto con che frequenza vanno effettuati e sino a che età?
- Val la pena di effettuare una terapia anticoagulante nei pazienti più a rischio pur non avendo prove che essa abbia una reale efficacia su questi quadri e se si, per quanto tempo?
Sappiamo che i deficit neurologici e cognitivi costituiscono in questi paziente la principale causa di morbidità potenziale. Lo sviluppo neurologico nei pazienti con sindrome di PHACE non è mai stato oggetto di studi mirati. Le malformazioni encefaliche strutturali, gli eventi ischemici acuti, la presenza di convulsioni o il riscontro di una vasculopatia progressiva sono fattori certamente predittivi di possibili deficit neurologici in questi pazienti; tuttavia deficit motori e cognitivi sono stati descritti anche in casi di alterazioni cerebrali e vascolari di minima entità (9); sempre secondo gli stessi autori tra l’altro, le anomalie sopratentoriali sembrerebbero essere maggiormente predittive per uno sviluppo neurologico anormale rispetto alle anomalie della fossa posteriore.
- Quanto sono frequenti i difetti del linguaggio ed i ritardi psicomotori in questi pazienti?
- Sono deficit che vengono recuperati o persistono nel tempo?
Queste sono alcune delle domande a cui varrebbe la pena di dare una risposta. Dal punto di vista assistenziale sarebbe auspicabile compiere un maggiore sforzo per ampliare le nostre conoscenze a ciò che accade ai pazienti affetti da sindrome di PHACE quando superano il primi anni di vita con degli studi prospettici a lungo termine. Rispondere a queste domande ci permetterebbe di stilare delle raccomandazioni relative al tipo di follow-up da adottare con l’obiettivo di offrire dei percorsi assistenziali completi che accompagnino i pazienti con sindrome di PHACE non solo in fase diagnostica iniziale ma per tutto il tempo necessario.
BIBLIOGRAFIA
- Frieden IJ, Reese V, Cohen D. PHACE syndrome. The association of posterior fossa brain malformations, hemangiomas, arterial anomalies, coarctation of the aorta and cardiac defects, and eye abnormalities. Arch Dermatol. 1996; 132: 307-311.
- 2. Honkisz I, Szymik-Kantorowicz S, Prokurat A . Current diagnostic criteria of PHACES syndrome. Med Wieku Rozwoj. 2011 Apr-Jun;15(2):143-50
- 3. Nabatian AS, Milgraum SS, Hess CP,et al .PHACE without face? Infantile hemangiomas of the upper body region with minimal or absent facial hemangiomas and associated structural malformations. Pediatr Dermatol. 2011 May-Jun;28(3):235-41
- 4. Metry Dw, garzon MC, Drolet BA, et al. PHACE syndrome: current knowledge, future directions. Pediatr Dermatol. 2009; 26: 381-398.
- 5. P.E. Burrows, R.L. Robertson, J.B. Mulliken, et al. Cerebral vasculopathy and neurologic sequelae in infants with cervicofacial hemangioma: report of eight patients Radiology1998; 207: 601–607
- 6. Siegel DH1, Tefft KA, Kelly T, Johnson C et al. Stroke in children with posterior fossa brain malformations, hemangiomas, arterial anomalies, coarctation of the aorta and cardiac defects, and eye abnormalities (PHACE) syndrome: a systematic review of the literature. Stroke. 2012 Jun;43(6):1672-4.
- 7. Hernandez-Martin S, Lopez-Gutierrez JC, Lopez-Fernandez S, et al. Brain perfusion SPECT in patients with PHACES syndrome under propranolol treatment. Eur J Pediatr Surg. 2012 Feb;22(1):54-9. doi: 10.1055/s-0031-1291300. Epub 2011 Nov 3.
- 8. Geoffrey L et al. The cerebral vasculopathy of PHACES Syndrome. Stroke 2008;39:308-316
- 9. Tangtiphaiboontana J, Hess CP, Bayer M et al. Neurodevelopmental abnormalities in children with PHACE syndrome. J Child Neurol 2013; 28: 608–614.
Scritto da Francesca Manunza e Corrado Occella